venerdì 11 settembre 2015

QUEL BEL CULETTO


  Accompagnandomi  con  persone non sempre a modo, mi capitava spesso di sprofondare dalla vergogna e, benché mi ripromettessi d'evitare situazioni dove erano possibili far brutte figure, a volte ci cascavo lo stesso. 
 Già dovevo star attento a qualche mia uscita o a qualche gaffe; se poi dovevo pure preoccuparmi delle puttanate che sparavano a raffica amici o compagni occasionali, allora sì, che stavo fresco!
 Ve ne racconterò una che, invece di rattristare, ebbe un epilogo piuttosto piacevole. Forse la sola  che mi sia capitata.
 Se ora notate che vocabolario e stile nei miei scritti non sono sempre uguali, non è dovuto a un capriccio, ma al semplice motivo che ogni racconto deve avere il suo linguaggio in modo che si adatti a ciò che si vuol narrare. Sbaglierò, ma io la penso così!
 Eravamo ai primi anni Ottanta, a quel tempo, il mio negozio era sull’angolo del Vicoletto Mazzanti. Verso le diciannove e trenta, stavo chiudendo il negozio quando entrò Marietto. Era venuto alla chiusura per accompagnarmi al bar per un goto e fissare gli orari per andare a giocare a tennis.
 Passato il vicolo e procedendo verso la Chiesa di Santa Anastasia, si trovava allora, dove adesso c’è una banca, un importante e grande negozio di scarpe, famoso in tutta Verona. E quella sera, davanti alla vetrina di quel negozio, consumava la vista con viva curiosità la mia amica Elsa. L’avevo riconosciuta dal suo bel culetto messo in evidenza da un paio di jeans attillati: fin troppo attillati.
 Elsa aveva allora superato la sessantina, era una single ed era stata l’amante di un mio vecchio amico, e forse lo era ancora. Sul metro e sessanta, aveva una siluette invidiabile per la sua età. Io ne avevo una quarantina, mentre il mio Marietto era più giovane d’una decina d’anni.
 Uscendo dal negozio, l’avevo appena superata quando Marietto tornò indietro e si fermò alle sue spalle. Sedotto da quel mandolino, non fiatava; anzi, muoveva le mani delineandone le curve come se volesse prenderne le misure. Non sapevo cosa fare: se avvicinarmi alla mia amica e prenderla sotto braccio e portarla via o strappare Marietto da quella posizione.  Se poi Elsa si fosse voltata si sarebbe di certo spaventata nel trovarlo a un palmo dal naso. Io poi ci avrei fatto una di quelle figure che si ricordano per tutta la vita. Mi auguravo di sprofondare.
 Sembrava strano che Elsa non s’accorgesse di nulla; forse era maggiormente impegnata nel cercare i prezzi  che i modelli esposti, essendo un periodo di saldi. Che fosse anche un po’ sorda? E quel cretino di Marietto, non poteva essere un po’ meno sfacciato nel prolungare quella focosa ammirazione?
 La mazzata finale non si fece tanto attendere. Marietto rivolto a me e a voce alta:
 - Beh! A un culetto del genere ci farei una bella pecorata. (1)
 Se non sono caduto a terra quella volta non svenirò mai più.
 Elsa, con più rughe d’un terreno arido e incolto, mostrò il suo viso sorridente e rivolgendosi a me:
 - Ciao, Monti! … Noto con piacere che il tuo amico ha buon gusto, -  guardandolo con simpatia.
 Rifiatai di sollievo. Mi tolsi dall’imbarazzo prendendola sotto braccio e:
 - Sù, dai! Perdonalo! Non ha tutti i suoi a casa!... Adesso però vieni con noi a bere un goccio.
 Ci recammo al Caffè Dante. Vai con il primo bicchiere, poi con il secondo, e così via via finché non si contarono più. M’era già successo con un’altra amica e con Toni Gussa.
 Quella volta, la malcapitata l’avevamo ingozzata di vino e di complimenti. Poi, con qualche facezia, ma soprattutto rovistando nei  ricordi dei bei tempi passati, quando caldi d’amore si sognava ancora, la portammo a una grado d’eccitazione tale da far venire certe voglie anche a una santa. E noi, da veri mascalzoni, l’abbiamo  abbandonata al bar, mezza ubriaca. Più che un tiro birbone, era stata una mascalzonata goliardica. Con questo, non divento rosso dalla vergogna, anche se qualcuno lo può considerare un calo di stile. Ora scusate: per caso non si dice che il colpevole ritorna sempre sul luogo del delitto oppure che l’assassino uccide sempre una seconda volta? Ebbene, noi ripetemmo con Elsa esattamente quel che era capitato qualche tempo prima a quella povera diavola che ebbe la sfortuna d’incontrare me e Toni.
 Ancor oggi, credo che se Elsa non fosse stata così alterata e piena, Marietto, dietro l’angolo, se la sarebbe fatta.

 

 

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