mercoledì 28 dicembre 2016

ICO


   Di professione pittore, Ico vive della pensione minima: avendo lavorato qualche anno per la nostra Arena dipingendo scenografie. Con la crisi, non è che i pittori se la passino proprio bene: racimolano qualche spicciolo anche se sparano certe cifre.
 Orbene, quel che è di rigore per il resto degli uomini, non vale in genere per gli artisti. Hanno i coluri equinoziali sfasati e i più vivono anche fuori dalle righe. Ma la legge, al pari della vita, non transige purtroppo, e, come spesso accade, vengono castigati.
 In casa sua son tutti artisti, gatto compreso. Figlio d’arte, oltre il metro e settanta, con un profilo da medaglia, con occhi acuti e penetranti evidenziati da folte sopracciglia, porta un taglio di capelli d'altri tempi. Cavalca la moda, anzi, l'ha anticipata senza cadere nell'esagerazione dei calciatori del giorno d’oggi. Infatti, sulle tempie e ai lati il taglio è sempre stato piuttosto corto, mentre una scriminature centrale divide i capelli se non proprio ricci almeno mossi. Veste sempre con robetta da poco, rivelando buon gusto e stile d’artista. Mi fa impazzire quando d’estate sfodera la sua tuta di jeans su camicette variopinte  che gli danno un’aria di vacanziere più che da operaio in pausa di lavoro. Lo potete incontrare in tutte le osterie che praticano buoni prezzi, e lo potete riconoscere per le saracche che tira. Alla frontiera, potrebbe essere arrestato solo per contrabbando di bestemmie.
 Grande suo amico è Faustino, anch’egli artista: un ometto pelle e ossa, più piccolo di me, con muso da volpino, capelli biondo-castani lunghi e lisci raccolti a coda. Formano una coppia formidabile. A chi è dotato d'immaginazione danno l’idea d’un cane dal pelo lungo al guinzaglio del suo padrone. Certo che di Faustino non ne ho mai sentito  la voce, in compenso, so che non abbaia.
 Un bel giorno, accadde che questa felice coppia si recasse in Valpolicella. Lo scopo della passeggiata era di liberarsi dei loro terribili mali di testa e di soddisfare le voglie d’una ben nota ostessa.
  Alle undici entrarono nel locale, si sedettero a un tavolo e ordinarono pane e salame con del vino rosso. Alla giovane cameriera che li servì, chiesero della padrona. Questa sarebbe scesa nel locale all’ora di pranzo. All’improvviso, era ritornato il marito che fa l’autotrasportatore e che sarebbe ripartito nel pomeriggio.
 Leggendo il giornale e fumando qualche sigaretta tirarono l’ora di pranzo. Ordinarono un piatto di trippe. Le stavano gustando, quando scesero nella trattoria la proprietaria con il marito che, senza dar tanto nell'occhio, andarono a sedersi a un tavolo d'angolo per desinare. La donna finse di non averli visti. Al contrario, l’uomo li degnò in continuazione di sguardi cattivi, prevedendo che quei due avrebbero pagato il conto con qualche scarabocchio, visto ormai che di tele il locale ne aveva anche in cantina.
 Dopo mezzora, la donna venne al loro tavolo facendo finta di servirli, sottovoce confidò che il marito era in attesa d’una telefonata e che poi sarebbe ripartito per l’Austria. C’era solo da pazientare ancora un po’.
 Dalle quattordici in poi si misero a giocare a carte, a scopa naturalmente. Passarono il tempo segnando  punti, fumando sigarette, e bevendo vino: tanto vino. Venne l’imbrunire. Le voglie si afflosciarono e la pazienza per l’attesa si esaurì. Decisero di far ritorno in città. Prima di salire in macchina, per rassicurare e rincuorare l’amico, Ico:
 - Adesso, andremo pian pianino, in modo da non far incidenti e per non essere fermati dalla polizia.
 Ma per quanto si presti attenzione, sia in casa, per strada o sul lavoro, la vita d'oggi è talmente complicata che state pur certi che ci si dimentica di qualcosa. E poi, cosa ci volete fare se agli sfigati capitano una dietro l'altra?  Appena fuori di Negrar, la paletta dei Carabinieri intimò loro di fermarsi. Ci voleva anche quella!
 Come il finestrino s’abbassò, l'odor di vino arricciò il naso e tolse il fiato a quel nostro bravo carabiniere che si premurò di farli scendere e di accertarsi sulle loro condizioni. Entrambi i nostri eroi facevano fatica a reggersi in piedi. Non ci fu tanto bisogno di verifiche. Gli agenti si fecero consegnare la patente e il libretto della macchina. Ancora un altro intoppo: la macchina apparteneva al fratello di Ico, insegnante all'Accademia e anch'egli pittore. Oltre alla compilazione del verbale, si sprecò altro tempo per verificare la reale appartenenza dell’auto o se fosse stata rubata.
 Multa, ritiro della patente, fermo della macchina, e poi ritornare a Negrar facendosi, in quelle condizioni, più d’un chilometro per prendere l’autobus. Quante ne tirò Ico son solo da scordare. Non è stato portato dentro per miracolo.
 Dopo essersi allontanati di cinque o sei passi dai Carabinieri, Faustino ritornò indietro e avvicinatosi a uno di loro, in tono sommesso:
 - Scusi, mi tolga una curiosità: perché ci avete fermati?
 - Andavare a fari spenti.
 

martedì 20 dicembre 2016

NELLE BORSE DELLE DONNE


Circa un mese fa, Il mio amico mi spedì attraverso FB un messaggio in cui chiedeva se ricordassi gli ingredienti di un cocktail che si beveva a Cremona in un piccolo bar del corso. Da che c’ero, avrebbe gradito che accompagnassi la ricetta con un piccolo racconto sull’argomento. Come si fa a non accontentare un vecchio e caro amico? È inventato di sana pianta: uno dei pochi, se non addirittura il solo.

 

NELLE BORSE DELLE DONNE

  Secondo voi: si può giudicare una donna dal contenuto della sua borsa e poterne anche intuire la professione?
 Da ciò che vedevo sul tavolo del negozio quando qualche donna disperata, cercando l’occhiale, la carta di credito, il borsello o il telefonino, rovesciava il contenuto sul tavolo, credevo che le donne fossero tutte uguali nel portarsi dietro la casa. Analizzando con più cura il contenuto, m’accorsi che non sono gli occhi lo specchio della loro anima, ma quello delle loro borse. Certo, che sì! Il contenuto delle  borse rivela molto di più delle cianfrusaglie che contengono, addirittura, può essere un elemento di giudizio sulle loro condizioni sociali, culturali, morali, e perché no, anche di lavoro.
 Ne ebbi la conferma a Cremona, il giorno che in compagnia di Sperangelo entrai in un bar del corso.
 Di solito, andavo a gustare un tramezzino e a sorseggiare un Ferrari da Ugo. Non potevo far diversamente, essendo legato a Ugo e alla sua famiglia da vecchi e cari ricordi. Ma un dì, sul far del mezzogiorno e sotto alla galleria, Sperangelo mi prese sotto braccio di sorpresa e:
 - Adesso , vieni con me a bagnarti il becco!
 - Ma non andiamo da Ugo?
 - No! Ti porto in un posto nuovo … Sù, andiamo!
 Scendemmo verso Corso Campi. Camminando, lui mi confessò che il vero motivo per andare in quel locale non era solo per bere un piacevole cocktail, ma per rivedere un pezzo di gnocca che, da ben tre o quattro giorni e verso quell’ora, veniva a prendersi un caffè.
 A metà Corso Campi e sulla destra, entrammo in questo piccolo bar. In fondo al locale e in compagnia d’una donna, vi trovai due uomini tra cui un vecchio amico: quello spilungone di Miglioli, che mi accolse con un sacco di cerimonie. Sperangelo ordinò un  Carlone, che non era altro che un miscuglio a base di Campari, prosecco, qualche goccia di amaro e di succo, forse pesca, il tutto servito con spruzzi di seltz.
 Gli confessai che in quel posto c’ero già stato, invitato un giorno da Mario Colace e da sua moglie Antonia, una professoressa dalla memoria di ferro e che non mancò l’occasione di chiedermi di ritorno i suoi appunti di Meccanica Razionale. Frequentando nello stesso periodo l’Università di Pavia e dovendo fare lo stesso esame, m’imprestò i suoi appunti. Che rottura! quando ti chiedono di restituire roba di tanti anni prima e soprattutto quaderni  che non hanno ormai più alcun valore, se non quello affettivo.
 Con Sperangelo, oltre a rivangare vecchi e piacevoli ricordi, m’informai sui miei amici più cari e, mentre stavo chiedendo se anche mio fratello frequentasse questo posto, mi accennò che il soggetto atteso era arrivato.
 Bella, addirittura bellissima, come prima impressione! Da capo a piedi. Il colorito, i lineamenti, i capelli corvini e raccolti, gli occhi di fuoco, le labbra carnose ne esaltavano la bellezza mediterranea. Oltre il metro e sessantacinque, in taileur grigio con gonna sopra le ginocchia, e che gambe! Poi, quello che mi fa impazzire di più: scarpe con tacco sottile e dell’otto. "Una vera libidine!", come dice il mio cliente Gerry, e non come usano al giorno d’oggi la maggior parte delle donne mettendosi quelle orribili scarpe da ginnastica che rovinano tutta l’estetica delle gambe e la siluette della persona.
 Era appena entrata, e non aveva fatto ancora tre passi che il mio amico Miglioli gettò un urlo: 
 - El lader! – e si precipitò fuori.
 Ma nella furia, urtò la donna e la mandò a gambe all’aria. Nonostante fosse preso dal ladro, s’arrestò un attimo e, vedendo che non aveva fatto un gran danno, gridò: - Pardon!- e sparì.
 Con Sperangelo ci precipitammo ad aiutare la donna a rialzarsi. Arrivò pure l’altro uomo a porgere le scuse dell'amico. A terra rimaneva tutto il contenuto della borsa.
 C’era di tutto. Non potete immaginare quanta roba! Chiavi di casa e della macchina, borsellino e portafogli, monete, fazzoletti di carta e uno di pizzo, sigarette e accendino, passaporto e biglietti di visita, una piccola agenda, una limetta per le unghie, caramelle, un pettine, una pinzetta, un rossetto, uno specchietto, e poi … Certo che non mi aspettavo qualche santino oppure un libretto di preghiere, ma trovare tre scatole di profilattici anallergici, è stata veramente grossa. Sì, sì, preservativi! E mentre  mi aiutava a raccoglierli, Sperangelo  se ne uscì con un: 
  Ferri del mestiere?
 Lei arrossì. Incredibile ma vero:  arrossì. E in tono di scusa:
 - Non sono per me, sono della mia amica Anna … lei si vergogna.
 Come si riprese, l'aiutammo a rimettersi in sesto e, dopo averla rincuorata, le offrimmo il caffè. Non fu facile intavolare un discorso dopo la scoperta di quei tre pacchetti. Da parte nostra, non potevamo chiedere cosa facesse a Cremona o qualcosa di più sulla sua amica. Si parlò di locali di ritrovo, di ristoranti, di luoghi da visitare, e ci dilungammo sulle abitudini, sui pregi e i difetti dei Cremonesi.  
 Prima di lasciarci, ci si diede l’appuntamento nello stesso posto e alla stessa ora. Ci presentammo poi vicendevolmente.
 Sfoderando un sorriso malizioso e stringendoci calorosamente la mano, ci sorprese con un:
 - Piacere, Anna!