Negli anni
Settanta, contrassi amicizia con la proprietaria d’una famosa boutique che, con
i primi freddi, organizzava ogni anno una sfilata di moda per proporre alla sua ricca
clientela i nuovi modelli.
Quella volta, pensando di poter fare un po’di
pubblicità e dar prestigio al mio negozio, proposi di abbinare ai suoi abiti
anche i miei occhiali. L’idea piacque e fu accolta.
Una ditta emergente del
Cadore m’inviò gratuitamente il suo campionario. A me restava il solo compito
di far indossare alle modelle gli occhiali da sole o da vista che più
s’intonavano al loro aspetto e ai modelli della sfilata.
L'evento si sarebbe svolto in un
teatro cittadino. Per l’occasione, era stata approntata una pedana che dal
palco percorreva per il lungo quasi tutta la platea. Dietro al palco poi, avevano ricavato uno
spazio dove le modelle potevano spogliarsi e cambiarsi. Come divisorio era
stata messa una parete di compensato o di cartongesso. Ricordo perfettamente che nelle parete erano stati fatti
due fori in modo da coprire tutta l'area da tener sotto controllo. Erano poi stati coperti da quadratini di schotch opaco che si
confondevano bene con la parete. Li aveva fatti Carletto, una birba diciottenne
alle dipendenze della boutique.
Spostare
due grosse valige dal negozio al teatro e riportarle non era facile. Chiesi
aiuto al mio amico Toni, con la promessa che avrebbe visto delle gran belle gnocche.(1) Sì, sì! è
sempre lo stesso Toni Gussa!
E chi altro m’avrebbe aiutato a portar pesi di quel genere?
Quel venerdì sera dopo le diciotto e trenta,
arrivammo di corsa in teatro dove erano
già cominciate le prove generali. Pagai subito il mio tributo indicando a Toni
l’esistenza dei fori sotto al nastro adesivo. Con il braccio destro indolenzito, faticai notevolmente a scegliere gli occhiali adatti e rispettare
i tempi d'entrata delle modelle in
pedana.
Durante la prima pausa, lo trovai che non fiatava incollato alla parete dove sberluciava. Venne da me Carletto lamentandosi perché il mio aiutante gli aveva rubato il posto d’osservazione. Gli risposi che sarebbe piaciuto anche a me darci un'occhiata. Per risolvere la situazione, e invidioso quanto basta, gli suggerii:
Durante la prima pausa, lo trovai che non fiatava incollato alla parete dove sberluciava. Venne da me Carletto lamentandosi perché il mio aiutante gli aveva rubato il posto d’osservazione. Gli risposi che sarebbe piaciuto anche a me darci un'occhiata. Per risolvere la situazione, e invidioso quanto basta, gli suggerii:
- Facciamogli uno scherzetto! Ti prendi uno
scatolone vuoto e, passandogli accanto, fai finta d’inciampare e lo urti contro
la parete. Vedrai che si staccherà.
Quella del
voyeur, si sa, è una malattia; mentre per il mio Toni quel curiosare era solo un piacevole passatempo.
Erano passati pochi
minuti ed ero intento a sistemare alcuni occhiali nelle couvettes quando sobbalzai spaventato da un botto terribile e da
urla di terrore. La parete che faceva da divisorio era crollata. Sotto a questa,
tra fumi di polvere, scorsi una sarta e una modella; sopra le macerie, il mio Toni a gambe
all’aria. Le ragazze terrorizzate si
coprivano le parti intime. Passato lo spavento iniziale, grande scoppio
d’ilarità. Se ci fosse stato a terra uno sconosciuto, ne avrei sofferto, ma vedendo il mio amico faticai a trattenere le risate. Fortuna volle che la parete si fosse spezzata in due e non fosse finita sul pavimento ma, andando a
sbattere contro un tavolo massiccio, aveva salvato dalla compressione le due
povere donne.
In preda a una crisi di nervi e tremando, la modella dava sfogo
al panico con risate stizzose e attacchi isterici di pianto; mentre la sarta, lamentandosi per la botta, si
massaggiava la testa e la spalla. Le altre modelle, senza preoccuparsi di quelle due malcapitate, vedendo l’uomo
a terra non finivano più dal ridere. L'espressione del mio Toni era uno spasso: smarrito per lo
spavento e affranto dalla vergogna. Sentendosi poi tutti gli sguardi addosso,
nel rialzarsi era ancor più impacciato. In piedi, si spolverava la giacca e
riassettava i capelli prendendosela con Carletto. Questi per difendersi:
-
Caro signore, non dovevo trovarla tra i piedi. Coperto dallo scatolone non
potevo vederla. È tutta colpa sua! Lo sa? Se lei non si fosse trovato lì a guardare
dentro ai due fori della parete, questo
disastro non sarebbe mai successo.
Presente al battibecco c’era pure
la titolare della boutique, arrivata di corsa dalla platea. Dopo quella
chiara confessione, contro il mio Toni, accompagnati da sguardi cattivi, fiorirono i primi sorrisi di sprezzo. Dopo lo spavento, a poco a poco le modelle si resero conto d’essere seminude.
Dovetti giustificare la presenza dell'amico come mio aiutante per il trasporto
delle valige, mentre lui balbettava delle scuse per quel che aveva combinato. E,
come offeso, senza salutare voltò i tacchi e se ne andò.
Perso il mio prezioso aiutante, dovetti chiamare un taxi, e mi avvalsi
dello stesso per la sfilata del giorno dopo.
L’evento non ebbe nulla di nuovo né di bello da raccontare. Tutti i discorsi e le risate
furono riservati ai ricordi del giorno prima. Ne saltarono fuori di tutti i
colori. Ci fu perfino chi raccontò che un guardone s’era intrufolato nel teatro e
aveva combinato quel popò di guaio.
Ah, dimenticavo! Come l'ho messa con Toni? Con gli amici, si sa, basta una pacca sulle spalle: vale più d'una qualunque parola.
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